Facciamo un salto indietro nel tempo. Andiamo alla fine del XVIII secolo, quando il reverendo inglese William Gregor e il chimico M.H. Klaproth scoprirono sabbie contenenti in prevalenza ilmenite e rutilo. Fu il chimico a battezzare il nuovo elemento come Titanio, in riferimento ai titani della mitologia greca.
Torniamo ora al presente, occupandoci di come oggi venga trattato termicamente questo elemento.
Prima dei trattamenti termici è fondamentale che il componente sia pulito, sgrassato e asciugato accuratamente in quanto il Titanio ha elevata reattività soprattutto alle alte temperature. Queste accortezze evitano che il materiale si possa contaminare: potrebbe ingiallire o subire la cosiddetta “stress corrosion” o ancora ossidarsi rendendo così difficili le successive fasi della lavorazione. Assolutamente da evitare anche l’assorbimento dell’idrogeno che è nemico per la resilienza e la tenacità del Titanio.
Conseguenza logica è che i trattamenti termici debbano essere condotti in forni a vuoto o con atmosfera inerte come ad esempio questo messo a punto da HTS, azienda leader nel settore della costruzione di forni per il trattamento termico di qualità, nel quale la camera di riscaldo è posta nella parte superiore ed ha l’apertura della porta in due metà. La vasca di raffreddamento, invece, è posizionata nella parte inferiore in fossa. La caratteristica strategica del forno è la velocità di traslazione della carica dalla camera calda alla vasca inferiore che lo rende particolarmente adatto al trattamento su Titanio e alluminio.
Sono tre le tipologie di microstruttura derivabili dal trattamento termico:
- lamellare, ovvero con elevata tenacitià e resistenza alla propagazione dei difetti ma con scarsa duttilità
- ricristallizzata, con discreta resistenza meccanica e buona duttilità
- bi-modale, ovvero con la migliore combinazione fra le proprietà meccaniche
Un approfondimento molto interessante a questo proposito è dato da A.Morri “Trattamenti termici delle leghe di Titanio Alfa + Beta, correlazioni fra microstruttura e comportamento meccanico” in cui si evidenzia come la corretta lavorazione è l’elemento chiave per ottenere prodotti finiti con la migliore combinazione di resistenza meccanica, duttilità e tenacità a frattura.