Intelligenza artificiale: abbiamo visto quali sono le sfide che ci attendono, ma come possiamo affrontarle?
Il nostro Paese, al termine delle misure necessarie atte a contenere l’emergenza COVID-19 dovrà prendere posizione attivamente anche su questo argomento. In Italia sono presenti investimenti esigui in merito a borse di dottorato in ricerca e i destinatari di queste borse, nella maggior parte dei casi, hanno come prospettiva soltanto la carriera accademica o l’inserimento presso enti di ricerca pubblici. L’industria italiana è la grande assente e di conseguenza i nostri giovani devono far riconoscere la propria professionalità all’estero.
E pensare che proprio in Italia già negli anni sessanta operavano istituti di ricerca prestigiosi come ad esempio dil CNR di Cibernetica ad Arco Felice e i Cibernetica e Biofisica a Camogli. Nel decennio successivo diventa protagonista anche il Politecnico di Milano, alcuni istituti toscani e anche La Sapienza in Roma.
Non dobbiamo dimenticare Olivetti che negli anni sessanta realizza il primo computer da tavolo e nelle eccellenze ricordiamo anche l’Elsag di Genova con il progetto Emma per le Poste Italiane che riconosceva il codice di avviamento postale partendo dalla scritta a mano sulla corrispondenza.
Come evidenziato dall’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano, il mercato italiano dell’IA risulta ancora agli albori sotto il profilo della mole degli investimenti. Solo il 12% delle aziende intervistate hanno completato un progetto di IA e un’azienda su due non si è ancora mossa. Fa sperare però il fatto che al Workshop Ital-IA organizzato dal AIIS Lab del CINI sono stati presentati ben 400 progetti industriali di IA.
La ricetta per poter essere competitivi quindi nel settore passa senza alcun dubbio dalla formazione. La sfida è quella di realizzare un paternariato che includa risorse sia pubbliche che private. Finanziamenti pubblici per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale che vadano ad integrare per le iniziative altamente competitive quelli privati delle industrie per poter offrire al mercato prodotti innovativi “made in Italy”.
Formazione in materia di intelligenza artificiale, un aggiornamento dell’offerta formativa a tutti i livelli con contenuti appropriati e nuovi dedicati al mondo digitale (spesso bistrattato o male utilizzato in questo periodo di emergenza dove non sempre è stato visto come asset fondamentale ma piuttosto come commodity). A questo può essere possibile aggiungere un programma di crediti formativi su temi di Intelligenza Artificiale nelle Università che possano preludere a borse di dottorato. Non ultima l’applicazione di corsi di intelligenza artificiale applicata negli Istituti Tecnici Superiori e nella formazione continua.
Insomma, anche nel settore dell’Intelligenza Artificiale in Italia il materiale umano non manca e lo sottolinea anche Salvatore Gaglio, Presidente di AICA Sezione Sicilia, Dipartimento di Ingegneria presso l’Università di Palermo ICAR – CNR.
Offrire il supporto possibile che permette al nostro Paese di essere non solo competitivo ma anche di guidare un settore innovativo cruciale per il futuro? Sì, è possibile.